sabato 21 gennaio 2012

Treno Regionale Falconara Marittima-Rimini delle 12.44


Cose da fare almeno una volta nella vita. Chi non è salito su quel treno non lo puó capire.
Treno falconara marittima-Rimini, andata e ritorno. E attorno? Mare. Solo mare. Mare e cielo.
Blu sopra il blu. Azzurro sull'azzurro. Su quei sedili strappati di un regionale sgangherato. Su rotaie sbilenche, che ti fanno ondeggiare qua e la. Come nel mare. Tra le sue onde.
Mare calmo, mare in burrasca. Mare all'alba, al tramonto, a notte fonda, a mezzogiorno. Quel mare che hai negli occhi. E nel cuore.
E le stazioni scorrono veloci, di città in città, come una filastrocca. E baracche, palazzoni, villette, campeggi. Segno dell'estate che sempre ritorna. E colonie diroccate, gabbiani in volo, puntini bianchi in mezzo a tutto quel blu. Finestre serrate, casette disabitate, in attesa di essere riaperte e riscoperte. Alberi spogli e scogli, immobili. Una barca abbandonata in un cortile. Panni stesi agitati dal vento del mare. Comignoli, tutti uguali e spighe di grano, alte, che coprono tutto, ma lasciano intravedere quel blu.
Paesaggio desolato, come se la sua vitalità fosse nascosta, celata. Visibile agli occhi solo di chi sa guardare fino in fondo.
Non c'è niente da fare, è la forza del mare. Che ti entra dentro, nell'anima.


Le foto sono sempre scattate con l'iphone. Come sempre, sono una pessima blogger che dimentica la Nikon nei momenti migliori!

giovedì 19 gennaio 2012

Il matrimonio perfetto tra cinema e moda: Audrey Hepburn e Hubert de Givency


 

Forse le parole non possono tradurre la bellezza assoluta. 
Forse l'eleganza è un valore supremo e indescrivibile. 
Il fascino senza tempo. 
Icona.
Mito.
Diva.
Che sopravvive al suo tempo nell'eternità.
E che per l'eternità ci farà rivivere il suo tempo.
Non c'è stata altra donna al mondo che ha saputo incarnare la grazia come lei.

 
La femminilità eterea fatta di raffinatezza e classe estrema.
Di una ragazza di nobili origini, che sembrava una principessa dal sangue blu.
Di una donna che non dimenticò mai la leggerezza e la delicatezza della ballerina che era stata.
Di quella magrezza un po' spigolosa nelle forme.
Di quegli occhi scuri da cerbiatta e di quella frangetta a mezza fronte. 
Dell'unica che riusciva a essere estremamente elegante solo con pantaloni, maglietta e ballerine.
 
Ma che raggiunse le alte vette più alte dello stile solo quando incontrò lui.
Il maestro dell'haute couture parigina. 
Di cui diventò musa, amica, sorella.
Hubert de Givency.
Colui che la rese indimenticabile.
Che la portò a diventare l'emblema dell'eleganza.
Che le fece indossare i più belli, amati e ricordati abiti dell'intera storia del cinema





  








 

 



Quando due eccellenze si incontrano,nasce sempre qualcosa di unico, di speciale. 
Destini che si incrociano in un'armonia perfetta.
Quanto vorrei, anche solo per un momento, passeggiare con loro sul Lungosenna.
Respirare quella magia che sa di moda, cinema, eleganza. 
Da cui c'è ancora tutto da imparare.

 

"La mia magia era la sua. Donava agli abiti la grazia che aveva dentro di sè. Era una donna estremamente leale. Con lei il lavoro diventava una gioia. C'era qualcosa di straordinario tra di noi, una complicità permanente. In un certo senso, sì, è stata la mia musa: Audrey non era una ragazza viziata. Sapeva di avere talento, ma il successo non le dava alla testa. Per me era un angelo dagli occhi di cerbiatta"



 

giovedì 12 gennaio 2012

Disavventure di una (quasi) insegnante di danza: come imparare a fare la pace


Pausa tra la lezione di punte e la propedeutica, finalmente un attimo di respiro. Tanto le bimbe escono tardi da scuola, e la lezione inizia sempre con 10 minuti di ritardo. Se poi ci metti anche il tempo per rifare gli chignon un pò sbilenchi delle nonne i minuti diventano anche 15. Ma non mi va di uscire a prendere aria con Viviana, rimango qui in sala che fa più caldo. Sento il solito chiacchiericcio allegro e concitato di là in spogliatoio, sorrido.
Mi stiracchio i piedi, mi streccho un pò la schiena. Perchè mi fa sempre male??
Entra in sala Sofia e mi si butta in braccio. E pensare che fino a poco tempo fa era letteralmente terrorizzata da me, perchè, alle prime lezioni che ho assistito, correggevo sempre lei. Come fanno presto i bambini ad affezionarsi, mica come noi adulti. Sofia però oggi ha il muso lungo e gli occhi tristi.
Arriva anche Chiara, la sento mugugnare dal corridoio. E' tutta impettita e fiera, vuole proprio farsi valere.
"Sofiaaa, io te l'avevo detto che questi tuoi compartamenti proprio non mi piacciono. Basta, mi hai proprio stufata! Mi urli sempre quando ti chiedo una cosa. I tuoi atteggiamenti non li sopporto più".
"Ehi ehi bimbe calmatevi, che succede?"
E vengo travolta da queste due pesti che iniziano a spiegarmi le due versioni dei fatti, parlandosi una sull'ìaltra e sovrapponendo tutto il resto. Nel frattempo si è venuta a sedere accanto a me anche Ginevra, nata ballerina dal pancione della mamma. Non l'avevo nè vista nè sentita, da quanto è leggera e elegante. Siamo entrambe ammutolite di fronte a questa scena. Quelle due non se la smettono proprio. Io e Ginevra ci guardiamo, ci scappa da ridere ma ci tratteniamo. Sembra proprio essere una cosa seria. Anche perchè Sofia, con gli occhioni lucidi, si è addirittura andata a nascondere tra la colonna e la sbarra. Sta a testa bassa, come in castigo.
"Sofiaaa, questa volta sei tu che non vuoi fare la pace. Io ti ho sempre dato una seconda possibilità. Sempreee!" Oddio ma queste bambine hanno veramente sette anni? E usano questi paroloni importanti?
Cerco in ogni modo di calmarle e di farle riavvicinare.
Inutile.
C'è solo un modo per catturare l'attenzione dei bambini: raccontargli delle storie. Vere possibilmente, perchè loro capiscono quando gli racconti una bugia. Sono solo piccoli, non stupidi.
"Chiara, vieni qui. Ti devo raccontare una cosa." Mi guarda, un po' scocciata, ma poi si avvicina e si siede.
"Lo sai che anche io un giorno ho litigato con la mia amica del cuore?! Eravamo tanto tanto arrabbiate, e non volevamo più fare la pace. Ci urlavamo contro, come state facendo tu e Sofia. Eravamo troppo orgogliose e nessuna delle due aveva il coraggio di chiedere scusa per prima. Il tempo è passato, noi non ci siamo più parlate e non abbiamo mai più fatto la pace. Per questo, ho perso la mia migliore amica."
Intanto, anche Sofia è uscita dal nascondiglio e, quatta quatta si era avvicinata a noi per sentire cosa stavo dicendo. Chiara mi fa: "E quindi tu e la tua amica non avete mai più fatto pace?"
"No"
"E allora vai da lei e chiedile scusa!" Come vorrei che fosse così facile Chiaretta, non so nemmeno cosa risponderti.
"Scusa..." dice proprio in quel momento Sofia con una vocina intimidita e pentita.
"Scusa..." le risponde subito Chiara, in fretta, come per cancellare tutto quello che di brutto c'era stato tra loro.
E riniziano a rincorrersi e a rotolarsi abbracciandosi, come sempre. Amiche come prima.

Lezione numero uno: imparare a fare la pace.



sabato 7 gennaio 2012

Mattinata al castello...


Spesso siamo costretti, per mancanza di tempo o di voglia, a dover frequentare sempre gli stessi posti.
Non vi capita mai di pensare: oggi voglio fare qualcosa di diverso?
Io adoro trovare cose nuove da fare, posti nuovi da visitare. E passare una giornata diversa.
Stamattina, ultimo giorno di vacanza, la nostra 500nera ci ha portato in un luogo magico e pieno di storia.
Per ciò che rappresenta, ma anche per la mia famiglia.
San Leo è una storica città d'arte del XII secolo, capitale del Montefeltro. 
Di qui sono passati Dante e San Francesco, e viene ricordata per essere stata prigione dell'alchimista Conte di Cagliostro e del patriota Felice Orsini.
Umberto Eco, che ha ricevuto la cittadinanza onoraria nel 2011 (si dice infatti che proprio da San Leo egli abbia tratto ispirazione per l'ambientazione del suo romanzo più famoso, e capolavoro della letteratura italiana contemporanea, Il nome della rosa), lo definisce come "uno dei borghi più belli d'Italia".
E le sue parole non potrebbero essere più vere. 
Perfettamente conservata e mantenuta, San Leo custodisce ancora in sè quell'atmosfera antica, maestosa e piena di mistero. Nonostante il passare dei secoli, si respira ancora quell'aria medievale e rinascimentale, e sembra quasi di tornare indietro nel tempo, come per magia.
Anzi, tra i suoi torrioni, tra il Duomo e la Pieve e nel sentiero tra il bosco che porta alla fortezza, il tempo sembra quasi non scorrere più, sembra quasi fermarsi. 
Sono tornata a San Leo dopo tanti anni. 
I miei bisnonni abitavano proprio qui, ai piedi della Rocca, nel comune di Maioletto, al Poggio. 
Oggi non ci abita più nessuno. La casa vecchia è fredda, la stufa e il camino non riscaldano più. 
Ma la vista di San Leo da quella casa è piena di ricordi.
Di Natali trascorsi insieme a quella famigliona rumorosa e numerosissima, che non finivano più.
Di estati trascorse qui con la nonna o con le amiche.
Di partite a briscola con i vicini. Di bruschetta calda con l'olio. 
Degli zii che portavano noi bambini là, alla Rocca.
Gli anni scorrono, le stagioni cambiano, gli alberi invecchiano.
Ma l'incantesimo non finirà mai.
Che sia tutta colpa di Cagliostro?

Mi scuso per la scarsissima risoluzione delle foto, ma sono state scattate con l'Iphone. 
Mi sono dimenticata la Nikon a casa. 
Lo so, sono una pessima blogger.
Ma non potevo non condividere questa bellezza con voi, anche se sfuocata.
 
  

giovedì 5 gennaio 2012

Tutti pazzi ... per Tutti pazzi per amore 3



Ad un mese dall'apertura di occhi.azzurro.mare e a tre giorni dall'ultima puntata di questa fiction di RaiUno mi cimento nella mia prima recensione televisiva.. E speriamo bene :)
Evidentemente, come dimostrano gli indici di ascolto, non sono l'unica ad essere tutta pazza per Tutti pazzi per amore. Insieme a me, hanno seguito l'ultima puntata della terza serie più di 4 milioni di telespettatori, per uno share del 18%, risultato eccezionale per una fiction. Insomma: siamo in buona compagnia!
Tutti pazzi per amore nasce da un soggetto originale di Ivan Cotroneo, che curerà la sceneggiatura di tutte e tre le serie e a cui va una mia menzione speciale per la creatività innovativa, ed è prodotto da RaiFiction e Publispei. Una commedia romantica corale, senza dei veri e propri protagonisti ma con tante storie che si intrecciano e in cui ognuno di noi può meglio riconoscersi, che diventa musicale, cantata e danzata.
Questa la grande novità introdotta da Tutti pazzi, questa la sua forza, che sta nel raccontare con la leggerezza di una canzone contenuti importante e profondi, e problematiche della vita quotidiana della gente normale. Di una famiglia normale, forse un po' allargata, ma con i valori di una volta ancora ben saldi, e che si tiene stretta e unita grazie all'affetto, all'amore e all'amicizia.


In questa teza serie ritroviamo personaggi conosciuti e se ne aggiungono di nuovi. Ci sono sempre loro, Paolo e Laura (un Emilio Solfrizzi sempre più in gamba e un'Antonia Liskova che, dopo aver preso il posto di Stefania Rocca nella seconda serie, si è ormai perfettamente calata nel personaggio) a tenere le redini di quesa grande famiglia. E se le zie Filomena e Sofia, che a mio parere hanno un po' perso di spirito rispetto alle serie precedenti, si sono trasferite in casa con loro, i ragazzi invece, Emanuele e Cristina, fidanzatissimi con i loro Viola e Raul, chiedono più indipendenza e vanno a vivere tutti e quattro insieme nell'appartamento del piano di sotto. Anche perché, c'è una grande novità: Cristina, diciottenne appena diplomata, è incinta. E l'intensità con cui l'attrice Nicole Murgia riesce a interpretare le complicazioni che una ragazzina che sta per diventare madre si ritrova a vivere è davvero notevole. Anche Brenno Placido conferma le sue rilevanti capacità di attore, e riesce a rendere il personaggio di Emanuele irresistibilmente simpatico pur essendo un burbero rompiscatole. C'è una novità anche tra le componenti della redazione di Tu donna, in cui irrompe la cugina di Monica, Elisa, interpretata da Martina Stella. Lo ammetto: nelle prime puntate ero offuscata dal pregiudizio nei suoi confronti, e invece sono rimasta sbalordita. E' riuscita a creare in maniera perfetta il suo personaggio, la caricatura di una ragazza di campagna arrivata a Roma piena di ambizione, il cui colore preferito è naturalmente il rosa. Con i suoi modi di fare, le sue frasi-tipo e la sua immagine è riuscita a catturarci e a ricreare la perfetta tipologia della classica oca giuliva. Un'impresa non facile, perchè si potrebbe cadere nel banale. Elisa è fidanzata con un'altra new entry del cast, Giampaolo, l'ormai onnipresente Ricky Memphis, un po' monoespressivo e monocolore, insomma un po' piatto. E guarda caso,
chi è che si innamora di lui? L'eterna sfigata in amore Monica, interpretata dalla bravissima Carlotta Natoli.
Da ricordare anche tutti i personaggi minori, senza cui Tutti Pazzi non potrebbe esistere, che danno ritmo e vitalità alla serie con la loro presenza e con le caratteristiche che li contraddistinguono: Maya alla ricerca della castità (Francesca Inaudi), Rosa alle prese con un fidanzato ventenne (Irene Ferri), Capone sempre più simpatico nella sua napoletanità (Adriano Pantaleo), Stefania "baby Jane" e Giulio "il povero Giu" (Martina Rocco e Luca Angeletti), che quest'anno se le suonano di santa ragione, e in fine, ma non per ultima, la fantastica e sarcasticamente adorabile nonna Clelia (Piera degli Espositi).


Ma oltre alla bravura degli attori, il punto di forza di Tutti Pazzi rimane per me  la sottile delicatezza con cui vengono affrontate tematiche e contenuti importanti e non facili da trattare, come possono essere l'omosessualità, il bisogno di espressione dei ragazzini, che si traduce nel diventare Emo, il non sentirsi pronti a diventare genitori a ventanni, la ricerca di un amore eterno, la paura di rimanere soli, la voglia di rimettersi in gioco e tanto altro. Oltre agli intermezzi cantati e ballati, che fanno molto musical, in questa terza serie si è aggiunta una nuova prerogativa a tenere vivo il ritmo della narrazione, ovvero la decisione degli sceneggiatori di far corrispondere a ogni puntata la durata di una giornata, dal 7 dicembre al 1 gennaio, pressappoco il periodo in cui la serie è andata in onda, e che a mio parere ha accentuato ancor di più l'atmosfera che si respirava.


Le cose che non mi sono piaciute? Si, qualcuna ce n'è. Troppe visioni dei personaggi, e sinceramente non ho apprezzato in particolare quelle di Monica e dell'amore in tutte le epoche, canzoni forse un pochino antiche e non così effervescenti come quelle delle serie precedenti e il voler risolvere tutti gli intrecci troppo velocemente nell'ultima puntata, non riuscendoci appieno (ad esempio Emanuele e Viola che volano non gli ho veramente compresi). Ma in realtà è solo per dire che avrei voluto che Tutti Pazzi non finisse!
E quindi, vi lascio con le parole di Emilio Solfrizzi riguardo alla quarta serie. E che l'amore sia nell'aria.