mercoledì 8 febbraio 2012

Parsons Dance: quando l'imperfezione diventa perfezione assoluta



Vi è mai capitato che si chiuda il sipario dello spettacolo e voi stiate seduti a fatica in poltrona, tutti elettrizzati? Vi è mai capitato di pensare: "datemene ancora, io non mi muovo dal teatro!"? La sensazione, dopo un'ora e mezzo di danza che è volata via come se fossero trascorsi 5 minuti, è stata esattamente quella! Oltre ogni aspettativa: queste le parole con cui meglio poter descrivere lo spettacolo The Best of Parsons Dance a cui ho assistito Sabato 4 febbraio al Teatro Nuovo di Milano. Non appena ho saputo che la famosa compagnia americana era in tour in Italia, ho deciso da subito di non farmi perdere i biglietti, è vero. Ma mai avrei potuto immaginare. Mai avrei pensato di esserne così colpita, affascinata, toccata nel profondo. Tutto quello che avevo sempre sentito, tutto quello che in tanti mi avevano raccontato sulla compagnia di David Parsons, attiva a New York sin dagli anni '80, non è assolutamente bastato. E la sorpresa è stata grande, gradissima e continua, che si rinnova ad ogni passo, ad ogni movimento.
Elettrizzante, emozionante, che ti cattura e ti ammalia. Dinamismo allo stato puro che non ti permette di staccare gli occhi dal palcoscenico, da quelle figure create da danzatori e coreografia, come se fossero un tutt'uno.
Una nuova concezione di danza, che, lo ammetto, nonostante sia una vita intera che io ne sono immersa, non avevo mai avuto occasione di vedere prima. E che mi ha lasciato così, a bocca aperta e senza fiato.
Quello che più mi ha toccato sono state senza dubbio le coreografie, create dalla mente e dall'anima sensibile e superiore di David Parsons. Immaginare il lavoro di gestazione di queste mi sembra una cosa totalmente inconcepibile poichè, nonostante si intuisca il grande cesello e studio delle componenti coreografiche e della storia della danza, era come se ciascun movimento venisse naturalmente dopo l'altro, con una fluidità e naturalezza che facevano sembrare tutto così vero e inevitabile. Ogni passo seguiva l'altro come dettato da un qualcosa di superiore, non erano macchinosamente connessi ma amalgamati, intrecciati, derivanti. Così anche i cambi di postazione e di numero dei danzatori sulla scena avvenivano in maniera totalmente spontanea e naturale, senza interruzioni, ma ognuno prendeva il posto dell'altro quasi senza accorgersene, lasciandosi lo spazio a ritmo del respiro.
E' un concetto che mi riesce molto difficile poter esprimere. La danza, come del resto tutta l'arte in sè, non è spiegabile a parole, e in questo sta tutta la sua magia. Ma la compagnia di David Parsons sarà  in giro per l'Italia fino a metà marzo e credo proprio che non possiate perderveli, per vedere con i vostri occhi e sentire con tutto il vostro corpo i forti impulsi e sentimenti che questo spettacolo saprà suscitarvi. Merito naturalmente anche dei danzatori, così assolutamente concreti e perfetti nelle linee e nelle forme, sebbene non esattamente da canone accademico. Sanno però sopperire con estrema maestria a queste minuscole carenze grazie a un'interpretazione intensa, al sorriso e all'energia positiva che trasmettono e con cui catturano inevitabilmente lo spettatore. Eh si, vorresti salire su quel palco e danzare con loro, da quanto sono pieni di voglia di vivere. Uno a zero per i danzatori di modern dance americana contro le ormai troppo ingessate e spesso poco emozionate danzatrici classiche dei giorni nostri. Degna di citazione sicuramente anche Elena d'Amario, ballerine reduce dal talent televisivo di Canale 5, Amici, entrata a far parte della compagnia dopo un periodo di stage: orgoglio italiano che non guasta mai, anche perchè spicca davvero all'interno del corpo di ballo.

Lo spettacolo è composto da una raccolta delle migliori coregrafie di Parsons, all'attivo nel repertorio della compagnia dai primi anni '80 ad oggi. Il sipario infatti si apre sull'anteprima europea della nuova creazione del coreografo americano per 6 danzatori, Round my wordl, dalla tecnica di reminescenza neoclassica ma con immagini e forme tutte nuove, in cui domina il cerchio.



 La rappresentazione continua poi con una delle più caratteristiche e conosciute creazioni di Parsons, Hand dance, che dal 2003 calca le scene mondiali dopo essere diventata famossissima. 5 paia di mani di 5 danzatori, buio e luce: solo questo basta, e l'immaginazione, per renderlo un pezzo straordinario. 


Terzo brano. la coreografia Swing Shift, si basa sulle danze popolari e sul tango ma sono rese da Parsons in maniera assolutamente contemporanea e attualissima. Pensata per 4 coppie di danzatori, termina con due splendidi assoli. 

 

 



Non poteva mancare Caught, pietra miliare del repertorio di Parsons dalla sua data di creazione nel 1982,  e sua consacrazione nell'Olimpo degli dei della danza. Un uomo che vola, sospeso nell'aria e una musica stonata, a tratti terrorifica. Un uomo gabbiano che staglia la sua immagine tra flash luminosi. Indescrivibile.



Conclude lo spettacolo la coreografia Nascimento, risalente al 1990, intitolata così in onore del musicista che ne curò le famosissime musiche. Siamo di fronte al più chiaro e ben riuscito esempio di quella che può essere definita a mio parere la modern dance americana. Uomini in panataloni e camicie colorate, donne con vestiti leggiadri e aerei, tutti con rigorosamente ai piedi le scarpette bianche. Sprizzano energia da tutti i pori, E vorrestri che di danzare non smettessero mai.


 

 

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